Destini di vetro

Si tratta di un libro su un “popolo” che a me era completamente sconosciuto: gli zoroastriani.

Chi sono? Intanto la parola indica una fede e non una etnia e cioè sono coloro che basano la loro religione sugli insegnamenti del profeta Zarathustra (religione che in tempi passati era la più diffusa nell’Asia Centrale).

Come si evince dal libro, che ha inizio nel 1920, le comunità zoroastriane si sono ridotte moltissimo e infatti ci ritroviamo a seguirne una piccolissima, formata da una famiglia: padre, madre e figlio.

La storia si trasferisce dalla Persia all’India per una forzata migrazione (o piuttosto esilio) di questa famiglia dove qui troveranno però la loro fortuna e l’autore decide che la storia si deve seguire con gli occhi del figlio Shapur e del nipote Zairos.

Si sa che quando l’ambientazione è “orientaleggiante” sembra che la storia diventi anche più “esotica”. Ma il mio grosso limite quando leggo scrittori indiani è che molti vocaboli (che rimangono scritti in lingua originale e in corsivo) non trovano una traduzione e per questo perdo un po’ per strada tutta questa “magia”.

Molti trovano anche interessante la descrizione della sempre presente suddivisione in caste della popolazione. Mentre io la trovo irritante perchè l’impressione è quella che sotto questo punto di vista non sembra essere cambiato assolutamente niente.

Per questo motivo i personaggi principali, che sono molto pochi, si potrebbero tranquillamente trovare, con tutte le loro storie, problemi e pensieri, oggi come cento anni fa.

La storia d’amore tra due persone di caste diverse, che è un po’ il filo conduttore di tutto il libro, ne è la testimonianza e la triste, come sempre, realtà ancora oggi.

Paese d’ombre

MAI LETTO NIENTE SULLA SARDEGNA TRA LA FINE 800 E L’INIZIO 900.

L’AUTORE E’ RIUSCITO A TROVARE UN PERFETTO SCHEMA ED EQUILIBRIO TRA LA REALTA’ STORICA, LE PROBLEMATICHE SOCIALI, LA PARTE EMOTIVA E SENTIMENTALE CHE IN QUEL PRECISO MOMENTO STORICO SI STAVANO VIVENDO A NORBIO (LA VILLACINDRO DELLO SCRITTORE).

UN PERIODO DRAMMATICO PER IL POPOLO DELLA SARDEGNA AFFRONTATO CON IL CORAGGIO E LO SGUARDO DI UN UOMO SU TUTTI, ANGELO URAS, DALLA SUA PRIMA INFANZIA ALLA SUA VECCHIAIA.

LA POTENZA DI QUESTO LIBRO STA ANCHE NELLA NARRAZIONE IN TERZA PERSONA PERCHE’ RIESCE IN QUESTO MODO A DARE PIU’ LUCE AI PERSONAGGI CHE SONO RAGGRUPPATI INTORNO AL PROTAGONISTA CHE DIVENTA UNA SORTE DI “EROE” POPOLARE.

L’ITALIA, E LA SUA DEMOCRAZIA, COSI’ TANTO VOLUTA, CERCATA E COMBATTUTA NON CI FA UNA BELLA FIGURA.

E QUESTA ISOLA, CHE POTEVA PRIMA TROVARSI AL DI FUORI DELLA STORIA, RIENTRA, SUO MALGRADO, IN QUELLA CHE VIENE CHIAMATA “NUOVA ITALIA” SCONTRANDOSI CON LA BUROCRAZIA E IL FISCALISMO DI ISTITUZIONI DI UNA “NUOVA DEMOCRAZIA” A VANTAGGIO DI POCHI E CON UNA MENTALITA’ ANCORA FEUDALE.

MA E’ ANCHE IL PERIODO DELLE PRIME LEGHE OPERAIE E DEL PRIMO DIFFONDERSI DEL SOCIALISMO FINO AD ARRIVARE AGLI ANNI DELLA PRIMA GEURRA MONDIALE.

IN QUESTO LIBRO SI TROVANO INTENSE PARTI PASTORALI, BELLISSIME DESCRIZIONI DI PAESAGGI E RITRATTI INTENSI DI MOLTI PERSONAGGI: INSOMMA C’E’ VERAMENTE TUTTO QUELLO CHE SI CERCA IN UN ROMANZO.

LA SCRITTURA E’ FLUIDA, SEMPLICE, PULITA E QUINDI FA SI CHE IL LIBRO DIVENTI UN VERO E PROPRIO “LIBRO DA COMPAGNIA”.

Furore

Premio Nobel per la Letteratura (“per le sue scritture realistiche e immaginative, che uniscono l’umore sensibile e la percezione sociale acuta”), circa 630 pagine, autore di “Uomini e Topi”.

John Steinbeck, scrittore statunitense, ha concentrato in questo libro: personaggi incredibili, ambientazioni all’ennesima potenza, forte tematica sociale e storica.

Non è un libro “veloce”, non solo per le sue 630 pagine, ma perchè il ritmo non lo permette, ma è perfetto così.

Riassunto: odissea della famiglia Joad, costretta ad abbandonare la propria fattoria in Oklahoma (terra e casa) per marciare verso la California (siamo durante la Grande Depressione Americana), lungo la Route 66, come migliaia di americani. La California, la terra promessa, non è quello che avevano sognato, almeno per la famiglia Joad.

Furore è un classico con la C maiuscola. Attuale, complesso, scioccante, magnifico.

Vi consiglio, se la trovate, la lettura che fece sulla Rai nel 2017 Alessandro Baricco.

Per finire: buona lettura, davvero.

Faremo foresta

Per l’articolo Percorsi 2021 (tra fiabe e carnevale) l’istintivo abbinamento ad un libro è stato quello con una saga: Fairy Oak di Elisabetta Gnone…pura fiaba.

Poi ho ripensato solo alla parola percorsi e mi è tornato in mente un libro che ho letto un paio di anni fa: Faremo foresta di Ilaria Bernardini ed.Mondadori.

C’è un percorso, un viaggio, anche in questo libro e viene fatto da Anna, scrittrice e sceneggiatrice.

Un divorzio, una malattia, un incidente, un trasloco e poi… e poi un terrazzo, che piano piano si riempie di piante, di natura. Ma anche di amicizia, di rinascita e di altri orizzonti a cui rivolgersi.

Il divorzio e il dolore sono quelli di Anna, la malattia è quella di Maria, amica della sorella di Anna, Diana. L’incidente è quello di Alessandro, compagno di Diana e il trasloco è quello della madre di Anna e Diana, a Mumbai.

Ma si sa, se la foresta ha delle radici sane e profonde nella terra, resisterà a tutto negli anni, proprio come una famiglia.

E può continuare a crescere, proprio come un’amicizia.

Dodici racconti di Natale

Ho prima di tutto adorato la copertina: rigida, ruvida, colorata sobriamente e leggermente retrò… perfetta per quello che contiene e cioè racconti di Natale.

Non solo ma anche ricette di famiglia a fine di ogni racconto che fanno bene al cuore (non so al gusto perchè sono parte della tradizione inglese e quindi non proprio sulle nostre corde).

E poi un’iniziale e interessante (ma breve) introduzione storica su come siamo arrivati a festeggiare il Natale così come siamo abituati a farlo ai giorni nostri (tranne per il 2020 per il quale abbiamo preso una piccola pausa).

Non sono una fan dei libri di raccolte di racconti ma penso che per Natale i racconti siano perfetti e questi, a loro modo, entrano di diritto in quello che viene chiamato “lo spirito natalizio” e soprattutto ce n’è per tutti: bambini, pupazzi di neve, coppie in crisi, spiriti, cani…

E così lasciamo che la scrittura semplice (forse qualche piccola attenzione in più alla traduzione avrebbe reso perfetta la semplicità di questa scrittura) e confortevole di questa scrittrice ci porti in prossimità del Natale anche con un po’ di stupore.

La Buca della Posta di Babbo Natale in Piazza a San Giovanni in Persiceto.

Cambiare l’acqua ai fiori

“Sono guardiana del cimitero, bevo solo lacrime…”

Violette Toussant (Violetta Ognissanti) è la protagonista e la guardiana, di chi? Di nessuno all’interno del cimitero, ma di tutti all’esterno. E’ guardiana sei sentimenti, dei dolori, dei rimpianti, delle delusioni e degli amori degli altri che passano da lei dopo le visite ai loro cari. Perchè? Perché Violette è solare, bella, cordiale, accogliente.

Veste l’inverno fuori (per gli altri) e l’estate sotto (per lei). Trascrive i discorsi che vengono fatti durante i riti funebri (a qualcuno farà piacere prima o poi risentirli o sentirli per la prima volta). I suoi amici sono il parroco del paese, i becchini Nono, Gaston e Elvis (si proprio da Elvis Presley “perchè non sa leggere né scrivere ma conosce tutte le canzoni del suo idolo” e solo per questo vale la lettura del libro) e i titolari dell’impresa funebre del paese.

Tutto questo basta per condurre una vita serena ma l’arrivo improvviso di un poliziotto di Marsiglia con la sua storia trasforma Violette e il romanzo. Non si possono nascondere i legami fra vivi e morti.

Cimitero monumentale di San Giovanni in Persiceto

Nel mare ci sono i coccodrilli

Enaiat ha forse dieci anni, forse nove, forse undici. Dove vive Enaiat a Nava in Afghanistan gli uffici dell’anagrafe non ci sono, ma ci sono pashtun, talebani e hazara come lui. E i talebani a loro volta sono pakistani, senegalesi, marocchini, egiziani…

Non si cresce tanquilli e basta poco per diventare troppo grandi (forse dieci anni, forse nove, forse undici) e non riuscire più a nascondersi nella buca che la mamma ha scavato vicino alle patate.

Allora si va via, lo decide la mamma, anche se Enaiat deve finire di giocare a “Bazul-Bazi” con i suoi amici, e si va in Pakistan, con niente e velocemente, ma con tre cose che Enaiat jan non dovrà mai fare nella vita: usare le droghe, usare le armi e rubare.

Da queste regole, da una carezza nei capelli e da un grande e tragico atto d’amore Enaiat inizierà il suo viaggio della vita, per la vita, da solo.

Un viaggio lungo, doloroso, solitario. Dall’Afghanistan all’Italia, senza mai perdere la sua innocenza, la sua ironia e il suo sorriso.

Le strade di Kandahar erano asfaltate. C’erano macchine, moto, biciclette, negozi e tanti locali per bere il chay e parlare tra uomini e palazzi alti anche più di tre piani con le antenne sui tetti e polvere, vento e polvere, e lungo i marciapiedi tanta di quella gente che in casa pensavo, non doveva esserci rimasto nessuno”

La strada del ritorno è sempre più corta

Ho pensato subito, fin dalle prime pagine, che se avessi il tempo, ricopierei tutto il libro per potermi ricordare ogni frase. Ho trovato questo libro scritto in maniera accurata, pensata, gentile e ruvido.

Vera, bambina, gioca con il suo amico immaginario Ringo Starr e vuole fare la camionista come suo nonno. Lia, madre, porta il nome della zia, indipendente e autonoma con discreto successo in una Campobasso dove non è ammesso.

L’estate in cui Vera ha cinque anni è l’ultima estate in cui sia lei che Lia la trascorrono insieme a Giordano: padre, marito, libraio. A distanza di anni Vera non sa nulla del padre: la madre Lia ha così creduto di proteggerla, dimenticando.

Ma nella vita il più delle volte non è possibile…

Atlantide. Viaggio alla ricerce della bellezza

“Laggiù, fra tetti d’oro e torri d’avorio, potremmo forse tornare felici. Laggiù c’è Atlantide che fa vibrare le corde dimenticate dal cuore”. Ed è laggiù che Carlo e Renzo Piano, ma soprattutto Renzo, in mezzo all’Atlantico, al Pacifico, al Mediterraneo e anche tra le acque della Senna e del Tamigi cercherà Atlantide. Una nave oceanografica, la Magnaghi, insieme alle persone che la governano e l’amministrano, sarà il mezzo che porterà padre e figlio in questo viaggio in giro per il mondo e anche il mezzo per ritrovare quei luoghi che oggi costudiscono le opere di una vita. Opere che racchiudono bellezza. “Ma la bellezza è anche un’idea inarrivabile, il sogno di perfezione che non coronerai mai. Un po’ come la nostra Atlantiide”. E allora perchè non provare a cercarla questa Atlantide che promette essere una terra di pace, giustizia e sopratutto bellezza?

Uova Fatali

Per il lettore che apprezza l’insieme del racconto fantascientifico, satirico e storico (periodo della NEP di Lenin tra il 1921 e il 1929). Protagonista Vladimir Ipat’evic Persikov direttore dell’Istituto di Zoologia di Mosca inventore del “Raggio Rosso” (non poteva essere di altro colore) o “raggio della vita” che sembra avere il potere di fare prolificare, ingrandire e rendere più aggressive le forme di vita che ne vengono investite.

La ricerca scientifica e il difficile rapporto con il genere umano: meglio una gallina oggi (enorme, aggressiva e priva di qualsiasi controllo medico) che rimanere senza uova domani con magari salva la vita. Stimare all’inizio chi fa ricerca scientifica è facile ma quanto diventa ancora più facile incolpare chi fa ricerca scientifica quando questa non porta a risultati.